Alterego Ipocrisia!
La riduzione ipocritica! Un’auto-celebrazione che tocca i campi sociali, umanitari e per poco quelli teologici. È il flayer dell’Orbit, maratona musicale che dura quasi un giorno all’alterego di Verona. È sicuramente uno degli eventi dell’anno nell’ambiente notturno veronese, ma uno sproloquio di tale portata non è giustificabile.
Analizziamo il trattatelo scritto bianco su nero: si parte Ab ALTER EGO condita nel 1989 ad opera del Dionigi dell’Oliva e del Morrison che avevano l’idea “di realizzare un locale dove la musica fosse la protagonista dove non ci fossero differenze sociali dove non contasse come sei vestito e dove per una notte ci si potesse dimenticare di tutte le difficoltà della vita…” e giù altra sbroda. Si noti la facile allitterazione del “dove” che enfatizza la frase con bassa retorica. Per quanto concerne il contenuto siamo dinnanzi ad un’ammissione fallimentare: contano le differenze sociali, e contano i vestiti (pur di avere il pantalone firmato giusto ci si reca dal maruega di fiducia in via Mazzini!). E non è tutto: in questi ambienti più la droga che la musica permette di affrontare le difficoltà della vita.
L’ardito scribacchino prosegue: ”Perché in una vita fatta di difficoltà nessuno ci deve togliere la possibilità di credere che i sogni possano diventare realtà!” Siiiiii! Gioia, gaudio, tripudio!
Piccola parentesi sui sogni ricorrenti all’ALTER EGO: “ Oh vecio mi voi nar a Uomini e Donne”; “mi vorea nar nel Milan anche se ‘deso me toca szugar nel Rosegafero” ; “mi vorea tute le cinture della D&G” etc… e nessuno deve togliere a loro la possibilità che questi sogni possano diventare realtà.
Altra frase altra cagata: ”Questo era, è e sarà il SOGNO chiamato ALTER EGO e fatto dal suo popolo”. Porca troia durerà per sempre, un incubo trasversale nel tempo.
È il momento di alcune informazioni: ”Nel 2001 è nata ORBIT, una One Night che si ripete ogni 24 aprile e in cui si ripercorre tutta la musica che è stata suonata all’ALTER EGO, dal 1989...”.
Ma ecco che si ricomincia con l’ipocrisia: ”Non è una semplice cronostoria, è ripercorrere anno per anno i sogni, le speranze, le tragedie di ogni singola persona che è entrata nel locale della COLLINA”. Sul piano linguistico è doveroso ravvisare un errore: cronistoria non cronostoria, prima di usare i paroloni bisogna sapere come si scrivono! La frase di merda è costruita per asindeto con un tricolon centrale: ”I sogni, le speranze, le tragedie”. Ma la smettiamo con questa retorica pomposa come se l’ALTER EGO fosse il teatro di azioni eroiche e tragiche?
Nella conclusione l’aumento del pathos è direttamente proporzionale alla menzogna: ”Perché il viso di ogni ragazzo che è entrato in questa discoteca è e sarà sempre (e daghela con questo è e sarà sempre) impresso nella mente e nel cuore di NOI che da 18 anni viviamo una storia infinitamente emozionante”. E si scopre l’autore: il NOI (plurale maiestatis o più teste di cazzo?).
Commento personale: Brao, te si sta brao, te si sta brao però va in mona! Lasciateci ballare!
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